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L’etica dell’AI nell’apprendimento

Immagine creata con intelligenza artificiale tramite OpenAI. Utilizzo riservato al sito didattico per scopi educativi.
Immagine creata con intelligenza artificiale tramite OpenAI. Utilizzo riservato al sito didattico per scopi educativi.

L’intelligenza artificiale offre diverse opportunità nella costruzione dei processi di insegnamento/apprendimento ma ci pone, come insegnanti, di fronte a questioni di carattere etico, che spaziano da considerazioni di equità ed inclusività, alla consapevolezza d’uso dell’AI. 

In questo articolo esploreremo il problema dei bias negli algoritmi, offrendo al contempo spunti di attività da implementare in classe, in grado di promuovere un uso consapevole e responsabile di queste tecnologie. 

 

Che cosa sono i bias?

Gli algoritmi sono programmati da persone e, di conseguenza, possono ereditare pregiudizi presenti nei dati di partenza o nelle decisioni assunte durante la loro costruzione. In modo particolare questo problema può presentarsi nel momento in cui chiediamo all’AI, ad esempio, di valutare i progressi degli studenti o predisporre percorsi di apprendimento personalizzati. Gli algoritmi potrebbero riprodurre diseguaglianze di tipo sociale e culturale.  

 

Cosa possiamo fare come docenti?

Prima di tutto dobbiamo esaminare con attenzione quali piattaforme AI utilizzare e, allo stesso tempo, introdurre il problema dei bias attraverso lezioni mirate in classe. Ciò ci consentirà di potenziare lo spirito critico degli studenti nei confronti degli strumenti digitali.

Vi consiglio di partire da casi di bias estrapolati della vita reale. Avviate una discussione guidata, considerando come questi pregiudizi possano influenzare le nostre decisioni.

Organizziamo l'attività

Proponiamo agli studenti di creare un algoritmo semplice per un feed legato ai social media, come quelli impiegati da Instagram, Facebook, TikTok.

Suddividiamo la classe in gruppi di lavoro e chiediamo ai ragazzi di esaminare le loro pagine social individuando le tipologie di notizie presenti. Attiviamo la discussione, partendo dalla considerazione che un algoritmo di social media propone normalmente determinati post in base a questo percorso:

 

Input - Dati sugli utenti, come like, commenti, tempo trascorso su un post.

Processo- L’algoritmo valuta quali post interessano maggiormente l’utente, in base alle sue interazioni passate.

Output - Il feed di post che l’utente vede quando apre l’app.

 

Successivamente assegniamo a ogni gruppo di lavoro una scheda utente, con dati immaginari relativi alle sue interazioni.

Ogni gruppo dovrà creare un algoritmo che deciderà quali post mostrare all’ipotetico utente, indicando quali dati (like, commenti, tempo trascorso su un contenuto) siano rilevanti.

 

Esempio di scheda: Maria

Età: 17 anni

Numero di amici/followers: 530

Interazioni: 20 like, 10 commenti (post di amici); 15 like, 0 commenti, 5 condivisioni (video di sport)

Tempo medio: 15 minuti (video di sport), 5 minuti (post di amici)

 

Al termine dell’attività ogni gruppo di lavoro sarà invitato a indicare quali criteri abbia usato per ordinare i post. Se siano stati privilegiati i like o il tempo trascorso sui social, se siano stati introdotti dei bias che hanno portato a trascurare dei contenuti perché hanno ricevuto meno interazioni.

A questo punto è opportuno che il docente indirizzi la discussione sull’influenza degli algoritmi che, nella maggior parte dei casi, riflettono solo una parte delle esperienze dell’utente, creando così una bolla informativa.

Questa semplice attività ci consentirà di far comprendere il funzionamento degli algoritmi e far riflettere gli studenti sui potenziali rischi associati ai bias algoritmici. Infatti, i ragazzi possono vedere in modo pratico, mediante la creazione di un algoritmo per un social media feed, come i dati condizionino le decisioni prese dall'AI e quanto possano essere distorte se non vengono considerate tutte le variabili con equità.